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DOMENICA 14 GIUGNO 2015
TEATRO DI VILLA POTENZA
H. 18.00

 

Presentazione pubblicazione 'Youbiquity' e saluto al Teatro di Villa Potenza

 

(da una mail di Rubina Giorgi)

V'è indubbiamente una nota di gloria, magari celata ai più, nell'assumere una negazione – qual essa si sia. Un seme latente di sviluppi e rami futuri – per una disposizione di spirito e di azione appunto qual è la vostra, creativa nell'essere combattiva. Con un abbraccio i miei voti augurali.

 

Ponti

 

Il tuo umano

è esposto all’oriente dell’oltreumano.

li unisce un ponte instabile:

l’immagine.

 

Tu fidente attendi… ma potrebbe non levarsi

quel sole, ché l’immagine

è ciò che avvicina e del pari allontana…

e frammette, come ogni ponte,

miti e storie di drammi. 

 

Rubina Giorgi

 

 

  • Il Teatro Rebis vuole ringraziare dal profondo le persone che con la loro firma, le loro parole e il loro supporto ci hanno dimostrato forte vicinanza durante la mobilitazione pubblica seguita alla divulgazione della notizia dell’assegnazione del Teatro di Villa Potenza all’Ass. Sportivo-dilettantistica ‘Helvia Recina 2000’, invece che alla nostra compagnia che l’ha gestito a proprie spese per dieci anni.

  • Abbiamo depositato in Comune le 2407 firme raccolte, sia in forma cartacea che online, durante i primi due mesi di protesta. Congiuntamente è stata protocollata una selezione di commenti di cittadini, le più significative riflessioni sul caso prodotte da alcuni rappresentati della scena teatrale contemporanea, oltre agli articoli apparsi sulla stampa locale e su quella specializzata.

  • L’amministrazione comunale di Macerata ha scelto di difendersi di fronte agli organi giudiziari preposti, invece di accogliere il ricorso in autotutela che abbiamo presentato in gennaio, e discutere la possibilità di riscrivere il bando, o di assegnare direttamente lo spazio in questione alla gestione di alcune associazioni della frazione, come pure aveva legittimità di fare, se questa fosse stata apertamente ritenuta la destinazione più conforme.

  • Il Comune ha invece acquisito in locazione uno spazio con specifica destinazione teatrale, al fine di consentirne un’altrettanto specifica destinazione per finalità culturali, per poi assegnarne la gestione ad un’associazione sportiva, che già può usufruire, per la propria attività, di una palestra comunale e di un campo di beach volley.

  • In merito al ricorso al Tar, rettifichiamo quanto riportato in maniera imprecisa sulla stampa e in alcuni dibattiti elettorali: il Teatro Rebis non ha affatto perso il ricorso al TAR, la cui data di giudizio non è, a oggi, ancora stata fissata. Il TAR si è solo limitato ad una valutazione sommaria tipica della fase cautelare nel rigettare la richiesta di sospensiva, per noi unica opportunità legale di scongiurare un trasloco di considerevoli dimensioni prima del giudizio definitivo.

  • Il teatro, che era usato episodicamente prima della nostra locazione, era infatti completamente stato attrezzato a nostre spese, e rappresentava uno degli ultimi spazi teatrali mantenuti in maniera indipendente nelle Marche.

  • Nel rispetto delle indicazioni del bando e degli ulteriori accordi intercorsi tra le parti, il Teatro Rebis lascerà sgomberi i locali entro il 16 giugno. 

  • Dopo la festa d’arte e di denuncia dello scorso 22 febbraio, distintasi per una grande e calorosa partecipazione, domenica 14 giugno alle ore 18.00, il Teatro Rebis invita amici e soci a un brindisi di saluto e ringraziamento.

  • In questa occasione racconteremo le nuove prospettive verso cui si affaccerà il nostro lavoro e presenteremo anche la pubblicazione, curata dalla casa editrice Rrose Selavy, del diario per parole e immagini di ‘Youbiquity- moltitudini connesse’, progetto che ha visto coinvolti numerosi partner, giovani talenti locali e artisti di fama internazionale, realizzato l’anno scorso dal Teatro Rebis grazie alla vincita del bando regionale ‘Officine della creatività’.

  • Riteniamo che le attività di tipo socio-ricreativo abbiano grande importanza per la crescita di una comunità, come pure riconosciamo gli altissimi valori di rispetto e lealtà che forse solo lo sport può insegnare, ma pure sentiamo necessario difendere i termini “cultura” e “teatro” da possibili mistificazioni.

  • Ciò che rivendichiamo non è semplicemente uno spazio, ma il rispetto nei confronti del nostro lavoro.

  • La più nobile dote di un’amministrazione, a nostro avviso, dovrebbe essere quella di saper rivedere decisioni che vengono contestate in maniera civile e sentita da centinaia di cittadini, soprattutto quando queste implicano un valore simbolico, perché i simboli scolpiscono il tempo e restano nella memoria.

  • Ancora grazie per aver reso questa protesta una mobilitazione collettiva e non la un'isolata rivendicazione!

  •  

  • Teatro Rebis

 

 

 

 

Petizione a sostegno dell'attività del Teatro Rebis

 

 
A questo link il sito dove firmare a sostegno dell'attività del Teatro Rebis e i perché
 

https://www.change.org/p/amministrazione-comunale-di-macerata-sostegno-all-attivita-del-teatro-rebis

 
 
Ringraziamo tutti i commenti, riflessioni, vignette, scarabocchi, che ci stanno arrivamdo a sostegno della nostra campagna di sensibilizzazione contro l'assegnazione del Teatro di Villa Potenza, sede del Teatro Rebis da 10 anni, ad una squadra di volley femminile.
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                      Cifone per Rebis

 

Un luogo per essere tale deve racchiudere un’ idea e mai, come in questo tempo, a coloro che gestiscono spazi culturali, sono chieste idee coraggiose .

Contro la mercificazione dell’arte

Contro un’idea di pubblico consumatore

Contro una società dello spettacolo che intrattiene e informa

Per evidenziare la necessità di un’arte che generi domande

Per esperire il pensiero

Per un ritorno nell’intimo

Per restituire all’immaginazione quella forza primigenia che la rendeva nell’antichità maestra di conoscenza.

Per riscattare il dialogo e lo scambio e ritrovare quell’arte del  raccontare che  lascia a chi ascolta la possibilità di scoprire.

Per dare visibilità a ciò che non sale sui palcoscenici televisivi.

Per formare un gusto, una capacità critica…..

 

Per questo gli spazi che racchiudono una idea vanno difesi.

 

Ora cosa c’è , in fondo, di male cedere uno spazio che racchiude una idea  a una società sportiva ?

Oh , nulla….se non la consapevolezza che si è persa un’occasione  per interrogare la realtà  alla luce di quella bellezza che da sempre e in modo singolare solo l’arte cerca.

Chiara Guidi (Societas Raffaello Sanzio)

 

Io sono grato a tutte quelle persone che nel mondo, si occupano di numeri. Penso ai matematici, agli astronomi, ai fisici, chimici ed amministratori. Queste persone contribuiscono alla mia crescita, al mio completamento, mi raccontano della ricchezza del mio essere umano. 
Non riesco però a capire come mai chi si occupa di numeri spesso non provi lo stesso sentimento nei confronti di chi si occupa d'arti e filosofie.
L'irrispetto per il lavoro degli artisti è da noi cosa nota, e mi sembra davvero superfluo rilevare l'importanza del lavoro del teatro Rebis, che si sviluppa e non si esaurisce tra le chiuse pareti d'una città, ma aspira e si tende verso il fuori, come è naturale che sia (mi scuso per il non facile riferimento al concetto deleuziano di "deterritorializzazione").

A tale proposito sono convinto che non sia tanto importante lavorare "sul" territorio, quanto "per" il territorio e lavorare per un territorio significa cercare di portare la sua voce al di fuori dei propri confini. Ma sono altrettanto convinto che gli amministratori della cosa pubblica maceratese sappiano meglio di me che cosa sia e soprattutto quanto possa rendere il concetto di "territorio". Quel che evidentemente non sanno è la differenza che corre tra arte e sport.
Oppure lo sanno, come lo sa anche un bambino di 5 anni? Allora cos'è, se non è ignoranza? Forse l'arroganza di chi intende il potere come "poter fare ciò che vuole? "O son cose che noi artisti che "ce stamo a divertì" non possiamo capire? Noi che faremmo meglio a lasciarle ai grandi, senza disturbare, che loro si che si occupano di cose grosse? Per esempio di denari? Bene, vorrà dire allora che ci occuperemo di picche. Ma si, dal momento che le parole vengono sempre meno intese, bussiamo a picche. Facciamo muro e rispondiamo alle schiacciate con imprendibili battute da fondo campo.

Claudio Morganti, attore e regista

 

Conosco Teatro Rebis da non più di tre anni. Ma, nella mia attività di ricerca sui linguaggi filosofico-poetici e estetico-artistici avendo seguito a Roma e a Napoli-Salerno l’emergere e l’evolversi a partire dagli anni settanta dei gruppi dirò d’avanguardia del “teatro come arte” (e più da vicino dei Magazzini e della Socìetas Raffaello Sanzio), affermerei che trovo in Teatro Rebis una delle naturali evoluzioni di quella multiforme realtà: e segnatamente una sintesi efficace tra la sperimentazione di un “nuovo” anche spericolato e una moderazione riflessiva di passi e passaggi tale da rendere trasparente pure a un pubblico di non addetti ai lavori la traduzione performativa delle idee poste in campo. Una sintesi insomma di pratica teatrale e di vaglio teorico, che si è espressa anche in alcuni convegni (a uno dei quali dal titolo Defigura ho partecipato, 2013), il cui senso precipuo è che non può darsi legittima dissoluzione di forme artistiche acquisite nel tempo (de-figurare) che non sia accompagnata da riflessione e attenta prova su forme e linee già esistenti e su altre in gestazione (de figura). Ciò vale per fare un esempio nel rapporto tra questi convegni e la posta in opera  del simultaneo lavoro di Teatro Rebis “Io non so cominciare”. La teoria diviene concreta realtà e la realtà dell’opera offre continuo materiale alla riflessione.

Rubina Giorgi. Professore di Filosofia del linguaggio e di Estetica. Univ. di Salerno e Ist. di filosofia Enrico Castelli, Univ. La sapienza di Roma

 

É preoccupante, se non scandaloso, osservare la totale assenza di giudizio culturale da parte dell'amministrazione pubblica per la gestione del Teatro di Villa Potenza. Il teatro è la casa degli artisti di teatro. Il teatro è il focolare della cultura sociale, il punto d'incontro e di riflessione per le generazione futuri. Attraverso gli anni, Il Teatro Rebis si è dimostrato all'altezza di questo compiuto essenziale per il crescere della coscienza individuale e collettiva. L'Italia ha urgentemente bisogno di lottare contro il mostro televisivo che livella l'intelligenza verso il basso e l'attribuzione del Teatro di Villa al Teatro Rebis fa parte di questa lotta.

Yves Lebreton, attore e regista francese

 

"Firmo per sostenere la qualità di un progetto artistico, quello del Teatro Rebis, che non si limita a offrire spettacoli ma che, con le sue attività, dà un contributo fondamentale alla sopravvivenza e alla continuità di un pensiero teatrale nel nostro paese. La tendenza ormai generalizzata delle amministrazioni a umiliare le attività artistiche che non si traducono nella moneta sonante del consenso mi sembra perfettamente esemplificata dagli esiti a dir poco derisori delle procedure di assegnazione del teatro di Villa Potenza.  Se Macerata è la città viva che ho imparato a conoscere e ad amare in questi anni, lo si deve anche al lavoro di Andrea Fazzini e della sua compagnia."

Attilio Scarpellini, critico teatrale e presentatore di Radiotre

 

Piena solidarietà al Teatro Rebis e alla compagnia di Macerata, una delle realtà più interessanti e innovative della ricerca italiana. Esprimo vicinanza e solidarietà della Fondazione Orestiadi di Gibellina, con molto affetto e stima.

Claudio Collovà, Direttore artistico del Festival Orestiadi di Gibellina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                       

                                                                     

                                                                                                maicol&mirco per Rebis

 

Caro Andrea,
il mio impegno dell’intera vita, sia artistica che professionale didattica, è sempre stato ed è quello di agire e trasmettere una visione fondamentale della esistenza umana ove ricerca, cultura, arte, teatro, poesia non sono una sovrastruttura, un diletto, o un narcisismo, in altre parole una suppellettile senza la quale si può benissimo vivere, di cui si può fare a meno, oppure da circoscrivere a chi ne ha “l’estro”, MA sostanza dell’esistere e del vivere in una società, atto dovuto nei confronti di tutti gli esseri viventi, non solo umani.
Tali Esercizi di vita sono l’essere, la forma dell’essere, attraverso cui, cioè, l’essere esiste, ciò che ci costituisce, in un modo o nell’altro, in profonda umanità.
Soprattutto, e per questo, non riguardano il soggetto che li attua, non sono un suo fatto privato o un suo ‘sfogo’, un suo ‘realizzarsi’; egli non è che il tramite per mezzo del quale si manifesta concretamente, in atti di civiltà e storia, la radice profonda dell’essere uomo, quella che non lo immobilizza ai fatti quotidiani di superficie, ai piccoli gusti, ai minimi interessi dei singoli, sia pur economicamente rilevanti: essa fa sì che l’essere umano sia ciò che lo fa esistere pensante, sia, esplicandone la potenza in atto, anima dell’universo, soggetto di ricerca piuttosto che di piatta acquiescenza e sonnolenta stasi. Trasforma lo stagno in oceano infinito. 
Che cultura sia noi stessi è identico a dire ‘senza il cibo non ci nutriamo’. Scalzare l’equivoco, dovuto sia a ignoranza che a comodo che a colpevole sostituzione, per cui cultura e arte sono un lusso di chi non ha problemi, o di chi non ha nulla da fare, un perdigiorno che tratta di astrattezze e incomprensibili vicende della sua fantasia. I livelli del vivere corrispondono agli strati dell’evoluzione umana: chi ancora sta all’età della pietra e chi al futuro non ancora sviluppatosi. La ricerca, l’arte sono la spinta che ci fa evolvere dagli stadi più bassamente materiali.
Vale per il teatro lo stesso concetto che ebbi modo di esprimere riguardo alla poesia, altro grosso equivoco che fa del poeta uno che, secondo la lectio vulgaris, ‘non ha i piedi per terra’, o che si occupa dell’inutile. Ma anche qualche luogo comune più retorico:
«Accade che molti sanno che cosa è la poesia: è soddisfazione, tormento, approdo, privilegio, conforto disperante, vanto maledizione esclusione esclusività, appagamento compiacimento realizzazione di sé, suggestione e distinzione, un porto sicuro, una tormentante piacevolezza, una lusinghiera attitudine. E poi è bellezza. Bellezza e bello così come giungono dalle icone sclerotizzate e inamovibili.
Della poesia si può dire con certezza ciò che non è. Non è un fatto privato. Non uno spazio riservato, lottizzabile mercificabile, non è merce né mercificazione, non è garanzia non è prestigio. Non è consolatorio compenso, evasione dalla cruda realtà, esaltante trasfigurazione delle miserie, produzione di sogni, la casa dei buoni sentimenti. Conformemente il poeta non è il portatore della verità, l’eletto, il detentore dei segreti, il depositario del verbo.
Scriveva Gadamer che poesia è la testimonianza dell’esser-ci, in quanto “attesta la nostra esistenza, essendo esistenza essa stessa”. […] La memoria dei popoli avviene attraverso poesia, ove tutto quanto è atto di testimonianza dell’umano è poesia».
Il nobilmente disinteressato vivere, speso per le grandi imprese della mente, le avventure dell’animo, la ricerca della significazione di esistere pensante in un mondo, in una determinata società, è altissimo Atto di Poesia, cui l’umanità non può che tributare riconoscimento e riconoscenza.
Per questo, con la presente lettera, intendo collaborare al riscatto di arte, teatro, cultura come statuto indispensabile dell’umano, senza il quale non restano che l’indifferenza, la banalità con le sue pericolose implicazioni, l’assuefazione alla volgarità della violenza e della sopraffazione. 
Per questo non posso tacere quando il lavoro di chi come te, non solo non suscita gratitudine, ma è ostacolato e oltraggiato, trattato come un fatto privato piuttosto che un bene pubblico. In tal caso l’humanitas, con tutti noi che spendiamo la vita per far comprendere che il cibo non è costituito solo da carni e banchetti ma da alimenti che fortificano contro l’abito del sopruso, del disinteresse, delle stragi, delle morti, rischia di soccombere una volta di più sotto la misera invalenza quotidiana de “lo proprio particulare”, dello squallore, del ristagno che attraverso i secoli, ha tentato di intralciare il progresso delle idee e della costituzione etica delle società.
Se è vero che la cultura ha tante forme e gradi, non per questo ne vanno ignorati o disprezzati gli aspetti più fondanti, quelli che la sottraggono al sia pur utile ‘divertimento’ per restituirla al grado ‘divino’ di conoscenza.
Esprimo il mio sostegno a quegli Amministratori illuminati che, consapevoli del valore indispensabile della ricerca, specie in una città abbastanza decentrata eppur altamente produttiva, si impegnano a preservarne la necessità di sopravvivenza.

Con ogni migliore augurio

Macerata, 24.1.2015

Allì Caracciolo, poetessa, docente di Storia del Teatro, regista dello Sperimentale Teatro A

 

Vorrei provare a dire quello che penso con parole semplici. Quello che di più auguro alle persone, in genere, è di riuscire a fare una di queste esperienze che vorrei elencare sotto - non solo perché credo che queste esperienze migliorino la qualità della vita di tutti, ma anche perché credo che rafforzino rapporti umani, conoscenza di sé, pensiero… e dunque una serie di tasselli fondamentale per una società più unita e responsabile. Un’esperienza che auguro è per esempio riuscire a entrare in vera comunione con le parole di qualcun altro: che stiano in un libro, che siano dette da un poeta o lette da un attore, quando accade quel miracoloso ‘click’ che ti fa dire: "ma questo è quello che vorrei dire io! questo è quello che sento, e a volte non lo so dire". Sentirsi compresi - perché espressi, tirati fuori - da un altro, è qualcosa che toglie via dalla solitudine, un mostro che le nostre città e paesi conoscono bene. Quando ascolti in silenzio un brano musicale, e ti senti trascinato via, e al contempo senti anche che tutti intorno a te sono nella stessa condizione, e un concerto diventa il luogo di una piccola meravigliosa patria. Quando nella sala di un cinema scorre un tempo altro, che allunga la tua vita in altre vite. Quando nel buio di un teatro un corpo umano come il tuo si espone con tutto quello che avete in comune e di diverso sul baratro che è il ciglio dello sguardo altrui, e tenta un’acrobazia che ti fa fare quel salto, e insieme si costruisce una comunità. Tutte queste cose sono fatti importanti nella vita di una persona: sono quello che la strappano alle maglie delle preoccupazioni del quotidiano, per restituirle a una verità diversa, che riguarda tutti, che avvicina la nostra piccola vita all’eternità che di fatto la nostra vita può contenere. Sono fatti importanti, che salvano persino dalla fame e dalla miseria, perché portano oltre l’individuo per realizzarlo in un insieme, per spronarlo a superare le proprie piccinerie. Sono fatti che talvolta avvengono naturalmente, per una sensibilità spontanea, altre volte - il più delle volte - chiedono uno sforzo: di studio, di comprensione, di approfondimento, di abbandono dei pregiudizi e delle strade più banali e conosciute. Chiedono a chiunque entri in questo luogo, che chiameremo ‘cultura’ (sperando di non fare confusione vista l’ambiguità che soffre oggi questa parola), un impegno e un rispetto verso se stesso e verso chi sa o può più di noi, aiutando a elevarci a nostra volta, a tendere al meglio. E dunque insegnano l’umiltà, la voglia di sapere, di migliorarsi, di crescere. Forse questi sono ‘valori’ un po’ fuori moda nel tempo dove alcuni si vantano della propria ignoranza e non hanno altro argomento di discussione che l’urlo e l’aggressione. Ma la certezza è che costoro siano la minoranza e che tantissime persone reputino importanti, per sé, per i propri figli, per i propri vicini, un tipo di costruzione comune che metta la cultura così intesa al centro. Poi nel mondo ci sono tante altre cose. Non inferiori né superiori: semplicemente altre. Non si sta facendo un ragionamento di merito: la cultura è meglio o peggio del cucito o, mettiamo, dello sport. Ma per il cucito, la cucina, e lo sport, ci sono altre questioni in gioco e altri luoghi deputati. Non affideremmo a un cuoco per quanto bravo la gestione di una squadra di calcio. Perché ciascuno deve fare il proprio lavoro. E se riconosciamo che un sarto è un professionista, sappiamo certamente riconoscere che anche un lavoratore della cultura (ovvero chi permette che tutti i fatti di cui sopra diventino reali e fruibili) sia un professionista. Il Teatro Rebis ha dimostrato che in questo campo è il professionista più capace per gestire un teatro-spazio che sia riferimento sia per la propria città che per chi viene da fuori, riferimento di cultura, senso, pensiero. Di tutto questo chi assegna la gestione degli spazi pubblici, gli amministratori, devono tener conto. Perché siamo civili, e disposti al dialogo, ma non siamo disposti a farci prendere in giro e tutti gli artisti, gli appassionati, gli studiosi italiani difenderanno questo dovere del pubblico di agire davvero per il meglio della comunità.

Azzurra D’Agostino, poetessa e drammaturga, direttrice artistica del Festival ‘L’importanza di essere piccoli’

 

Carissimo Andrea,
come sai ho firmato con molto piacere la petizione in difesa di Teatro Rebis.
Contrariamente a quanto speravo, invece, non sono riuscito a passare né in Consiglio comunale né alla riunione allargata degli operatori della cultura, che si teneva stasera. Spero però tu ti sia ricordato di dire a tutti gli altri che, anche se assente, ero con voi in tutto e per tutto. 
Voglio scriverti queste righe non solo per solidarietà, ma anche per segnare - come mi auguro - un giorno importante per tutti noi che militiamo nella nostra Macerata, luogo fisico di origine e di accoglienza ma di certo non nostra ultima destinazione d'intervento: come a dire, viviamo e lavoriamo qui, ma grazie a questo "qui" ci muoviamo e intessiamo relazioni e collaborazioni altrove. 
Dicevo dell'importanza che può derivare, a tutti noi, dallo spiacevole accadimento presente: te ne ho già parlato a voce ed è stato bellissimo trovarci perfettamente concordi a riguardo. 
Sarebbe stato tremendo e grave se nessuno di noi avesse manifestato in difesa del vostro impegno e della giusta rivendicazione di uno spazio che grazie a voi non è rimasto anonimo. 
Non solo: grazie a questa spontanea ed amplissima manifestazione di vicinanza, io mi auguro che d'ora in poi - ognuno con le proprie identità e specificità - si possa, tutti noi, essere d'aiuto e di sostegno gli uni agli altri. Perché quando perde uno di noi, la verità è che perdono anche tutti gli altri; anche se apparentemente le piccole bottegucce anguste del proprio orticello possono far credere che calando un nostro prossimo aumenterà lo spazio per noi. 
Per questo, l'invito che ti porgo (e che so tu condividi) significa guardare al di là di noi per non essere mai più soli contro tutti.
La nostra forza non sta nell'intrupparci tutti insieme, ma nel difendere ogni spazio di ogni altro. 
Se da questi giorni roventi (e avvilenti) nascerà il fiore di una solidarietà che è rispetto e lealtà e reciproca onestà intellettuale, avremo vinto ancora di più che una, peraltro importantissima, battaglia.

Un abbraccio forte,
Filippo Davòli, poeta, Macerata

 

Cosa deve fare un gruppo, un ensemble, una compagnia indipendente, per avere il normale rispetto che si da all'idraulico, al muratore? Come può il comune, l'assessore alla cultura, la giunta deliberare contro la sopravvivenza di un soggetto artistico , Teatro Rebis, favorendo, oltretutto,  una destinazione d'uso dello spazio che fa a pugni con lo spazio stesso, faticosamente reso teatrale, ?

Vi chiedo: come vi permettete? Su quale base avete potuto "elaborare" una proposta cosi stupida e analogica? Sapete cosa state facendo? Vi siete informati? La domanda sorge spontanea: cosa rappresenta per voi il Teatro Rebis? Ve lo chiedo attraverso un doppio senso: cosa rappresenta il Teatro Rebis? Forse non lo sapete, forse non siete mai andati a vedere i suoi spettacoli, il suo repertorio e , forse, nulla sapete della sua programmazione in bilico fra teatro popolare e performance!? La seconda domanda è identica, ma ha tutt'altro significato, vi chiama in causa come persone che, avendo un ruolo pubblico, devono rendere conto di quello che fanno: cosa rappresenta PER VOI il Teatro Rebis? Ve lo chiede una persona che ha collaborato col Teatro Rebis, che lo ha aiutato sin dalla sua nascita  e che conosce molto bene il loro lavoro e quello che, umanamente, artisticamente, esteticamente, poeticamente, rappresenta. Dunque, rispondete! Non con la delibera, ma con la spiegazione della delibera, la gente, i cittadini, devono sapere.

 

Fine della parte in cui ci si rivolge inutilmente alla istituzioni preposte a favorire la diffusione della cultura.

 

Alla gente di Villa Potenza, di Macerata e agli altri che non sono di Villa Potenza e neanche di Macerata, a loro mi rivolgo, a chi sta letteralmente vicino al Teatro Rebis; a fianco c'è un bar e spesso, quando vi sono gli spettacoli in corso, si sentono le voci provenire dal suddetto bar, voi Avventori, che spesso state , non col corpo, ma con la vostra voce, nel tempo degli spettacoli, voi che cosa pensate di quello che la giunta di MC sta deliberando, cambiando destinazione d'uso dello spazio del Teatro Rebis,  a favore di una squadra di pallavolo? Lo chiedo a voi che magari non siete mai andati a vedere un loro lavoro, però voi, avete visto come il teatro può creare un indotto, gente nuova che arriva al bar, persone che vi salutano. Mi rivolgo a voi e a tutti gli altri , non perché, sapendo che voi seguite da sempre il Teatro Rebis, allora lo potreste difendere, no, al contrario, vorrei rivolgermi soprattutto a quelle persone che pur non avendo mai visto nulla si sono accorte della loro presenza, perché il Teatro è soprattutto questo: PRESENZA! E' presente, si presenta, si rappresenta, e questo crea un senso comune che non ha direttamente a che fare con lo spettacolo, gli spettacoli, il repertorio; ha a che fare con la presenza visibile, atti concreti e con la presenza discreta dell'artigiano: sai che c'è , anche se , magari, non hai mai comprato un suo manufatto. Voglio svincolare il valore di una compagnia teatrale dal numero di spettatori che hanno visto i loro spettacoli, la presenza di un gruppo teatrale sviluppa relazioni, si intreccia con la vita stessa del posto in cui si trova. Non possiamo cedere al ricatto di chi, non sapendo fare bene il suo lavoro, pubblico, ci vorrebbe costringere a trovare delle giustificazioni rispetto ad una visione distorta, di quello che loro chiamano Teatro Popolare, cioè: teatro visto da molti. Il Teatro Rebis, ha fatto molto teatro in strada, all'improvviso, senza committente, ha fatto uno spettacolo di Clown, uno spettacolo medievale, Lucki e Pozzo, Robinson Crusoe e poi tutta la parte più recente ispirandosi alle poesie di Silvia Plath e Danilo Dolci, vincendo   premi ecc. Ha invitato Yan Marussich che ho avuto la fortuna di conoscere a Ginevra ... e probabilmente dimentico tante altre iniziative.

 

Noi, gente, dobbiamo, ripeto, anche se non abbiamo mai visto uno spettacolo del Teatro Rebis, anche se non ci siamo mai accorti della sua presenza, possiamo ora, forse, leggendo queste parole, possiamo , assieme agli altri che hanno visto, che conoscono il lavoro del Teatro Rebis, possiamo dire a chi di dovere: "Nessuno tocchi il Teatro Rebis!"

Mario Barzaghi, attore e regista, Milano

 

L’incompetenza (l’ignoranza) di chi ci amministra è la nostra più grave debolezza. Una città che non sostiene i suoi artisti, i suoi curatori, i suoi progetti artistici è una città destinata a diventare ogni giorno più povera. La cultura non è nulla se non entra nella vita quotidiana dei cittadini. Ma perché questo accada, ci vuole tempo e una classe politica in grado di fare scelte degne della parola “politica”. Diversamente, ciò che chiamiamo “cultura”, rimane una parola vuota, una voce (misera) in un bilancio, un’espressione retorica in bocca a qualcuno che coltiva la speranza di fare carriera. Ancora una volta rimango esterrefatta che tutto ciò accada e continui ad accadere in un paese che ha nell’arte la sua unica, esclusiva, originaria possibilità di riscatto. Mi auguro vivamente che l’amministrazione di Macerata vorrà rivedere la sua scelta insensata.

Roberta Nicolai (Presidente CRESCO)

 

Credo nella bontà del lavoro che il Teatro Rebis ha svolto in tutti questi anni. E credo nel progetto di Macerata città della cultura, per il quale ho visto tante volte il sindaco Romano Carancini spendersi. E so che amministrare una città di cultura è gravoso, ma è anche gratificante e fruttuso nel tempo. Per questo la mia firma non è "contro" il Sindaco (che stimo) o contro Stefania Monteverde (che ammiro), ma, paradossalmente, a loro favore, perché essi non debbano -- chiudendo il Teatro Rebis -- fare una cosa che non è nel loro stile e contraddice anzi a quello che finora han fatto a beneficio della Città. Si può salvare la Volley senza rinunciare al Rebis: con buona volontà e con la proverbiale concordia dei "cento consorti". Historia docet!

Marcello Lamatina, professore di Filosofia dell’Università di Macerata

 

Un barista - Tu chi sei?

Un chirurgo - Un chirurgo.

Un barista - E tu?

Un artista - Un artista.

 

Il significato di questo breve colloquio tra tre persone al bar è infimo e chiaro, ma se il bar si trova a Macerata, è meglio spiegare agli eventuali avventori che chi si definisce chirurgo intendeva dire che lui opera con l’arte chirurgica e questo è il suo lavoro, così come colui che si definisce artista opera con opere e questo è il suo lavoro. Per i più invece è tacito che siccome uno fa l’artista, scrive poesie, o fa quadri, o sale su un palco per fare una recita, o fa sculture, non lavora ma si diletta e fa dilettare. Siccome è facile procurarsi una penna e un foglio, magari anche il barista si mette a scrivere una poesia tra un caffè e l’altro, e siccome gli avventori si divertono pure ascoltando le sue poesie, allora dopo un po’ di caffè e un po’ di poesie potrebbe dire che lui adesso è un artista. Nessuno lo denuncerebbe, non sarebbe arrestato, non gli si toglierebbe la licenza del bar. Cosa succederebbe, però, se il barista, preso dal desiderio dell’arte chirurgica, iniziasse a prendere il coltello col quale affetta i limoni e iniziasse a togliere cisti, poi a cucire la fronte di un cliente che ha battuto la testa sulla sua vetrina e poi a operare l’appendicite di un altro cliente che accusa dolori per un cocktail!

 

Ci vuole che almeno qualcuno, in questa città, capisca e riconosca che quando uno è artista significa che lui lavora e vive delle sue opere, non si tratta necessariamente di riconoscere il valore o meno delle sue opere, si tratta innanzitutto di riconoscergli la sua condizione operativa. Solo con l’indiscutibile riconoscimento del suo lavoro, e il lavoro è il fondamento della Repubblica Italiana, si possono evitare gravi errori di valutazione, che immancabilmente portano ad altri errori e danni esistenziali, vitali: personali e per la comunità. Ciò significa che se uno è artista, non può essere trattato come un dopolavorista con la passione dei cineforum, o un appassionato del burraco. E’ uno che lavora nell’arte del teatro, per esempio, o più semplicemente è uno che lavora, e il suo lavoro va rispettato anche se le sue opere possono piacere come dispiacere.

 

Ora, nella questione del Teatro Villa Potenza, questo riconoscimento minimo, indispensabile, è mancato. Non m’importa delle singole ragioni, ridicolo sarebbe valutare se meglio questo o meglio quello, qui si tratta di riconoscere semplicemente l’articolo uno della Costituzione, il resto sono chiacchiere da bar (e non è il bar del barista che scrive le poesie).

Maurizio Boldrini, direttore del Teatro Minimo, Macerata

 

 

http://www.vialiberamc.it/2015/01/14/gala-il-sipario/

                                                                                              striscia di Paciaraw per Rebis

 

 

 

 

 

 
 
 
 

 

 

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